Lo Stato fascista by Sabino Cassese

autore:Sabino Cassese
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: Storia, Political Ideologies, Political Process, 20th Century, Modern, Fascism & Totalitarianism, General, Saggi, Political Science, History
ISBN: 9788815261045
editore: Il Mulino
pubblicato: 2016-01-28T00:00:00+00:00

Capitolo quinto

Uno Stato totalitario?

Il reggimento politico fascista non va inquadrato nel tipo dello Stato totalitario poiché nasce dalla combinazione di una pluralità di elementi di cui molti in contraddizione fra loro e in contrasto con la presentazione che si fa correntemente dello Stato totalitario. Pertanto, si analizza la questione più in profondità senza temere di rimettere in discussione il passato.

In questo capitolo mi propongo di avanzare qualche dubbio sul valore euristico della nozione di totalitarismo, di spiegare che il reggimento politico fascista non va inquadrato nel tipo dello Stato totalitario e di mostrare che occorre procedere in modo più analitico, se non si vogliono perdere di vista la ricchezza e la novità della combinazione di fattori che portarono al successo dell’esperimento fascista.

Comincio notando che il mondo è stato ed è pieno di regimi politici che non appartengono al tipo delle democrazie competitive. Anche escludendo le monarchie del XIX secolo e le varianti di sistemi dispotici e assolutistici[1], nel XX secolo sono presenti reggimenti cesaristi, dittatoriali, autoritari, totalitari, e ognuno di questi presenta numerose varianti. Le tipologie di questi regimi sono più ricche perché più ricca è la realtà di regimi non democratici, rispetto a quelli democratici. Sarebbe un errore, in presenza di una così ricca tipologia, assegnare semplicemente a un tipo già identificato lo Stato fascista. Si perderebbe così di vista la sua peculiarità, costituita dalla combinazione di una pluralità di elementi. Con la conseguenza di perdere di vista anche le caratteristiche delle fasi di passaggio, della transizione dalla democrazia al fascismo, della successiva transizione dal fascismo alla democrazia.

Come notato all’inizio, lo Stato fascista fu dapprima definito totalitario da un oppositore e si autoproclamò, poi, esso stesso totalitario[2]. Successivamente, Hannah Arendt, Alberto Aquarone e Renzo De Felice hanno negato che il fascismo possa definirsi totalitario.

Qui non è tanto importante definire il totalitarismo (che è caratterizzato, secondo una definizione diffusa, da ostilità verso lo Stato, in nome di un partito che si proclama totalitario, da un’ideologia esclusiva, dall’uso della mobilitazione delle masse, organizzate nel partito unico, e dall’uso del terrore[3]), quanto osservare che il XX secolo ha visto specie diverse di totalitarismo, anche a distanza di tempo; che il totalitarismo si riferisce a realtà che si sono trasformate nel tempo; che il termine è sempre più accompagnato, nell’uso, da una pluralità di attributi che servono a qualificarlo (post-totalitarismo, quasi totalitarismo, totalitarismo razionalizzato, totalitarismo senza terrore, totalitarismo interrotto, totalitarismo fallito)[4]. Questi soli elementi dovrebbero far dubitare dell’utilità euristica del concetto, la cui capacità di denotazione è limitata. Per cui ha ragione Juan Linz quando osserva che «sebbene gli archivi italiani siano accessibili da anni, gli studiosi di scienze politiche non hanno contribuito in maniera sostanziale ad ampliare la conoscenza sistematica della natura e della trasformazione del governo fascista italiano, né ad approfondire i motivi per cui il totalitarismo in Italia non conobbe uno sviluppo completo»[5].

Lo Stato fascista presenta una varietà di elementi tra di loro contraddittori e tutti in contrasto con la presentazione che si fa correntemente dello Stato totalitario. Nello Stato

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